9.9.16

Huba (Parasite)

Anka Sasnal, Wilhelm Sasnal
Polonia, Uk, 2014
66 minuti

Un vecchio uomo ammalato, pesantemente segnato da una vita di lavoro in fabbrica; una giovane madre (forse la figlia) e il suo neonato. Tre esistenze sul filo della fragilità, destinate a convivere giorno dopo giorno nel soffocante appartamento di una Polonia grigia e industrializzata...
Il penultimo lungometraggio della coppia di registi/artisti polacchi Anka & Wilhelm Sasnal (quelli di The Sun, Sun Blinded Me, presentato all'ultimo Locarno) è un ritratto cupo, drammaticamente realista, che mette in moto i meccanismi di una condizione umana alle soglie della sopravvivenza, raffigurata nel quotidiano monitoraggio di tre figure/corpi che racchiudono le fasi fondamentali del ciclo esistenziale: l'inizio, la centralità e il sopraggiungere alla fine, della vita. Raramente, come in Huba, gesti e rumori assumono totale rilevanza nella fruizione di un'opera, a suo modo fondata su paletti narrativi, ma corrobante di un minimalismo radicale, di un apparato diegetico scarnificato all'osso. Lo stesso corpo dell'uomo (consumato e continuamente sottoposto ad analisi mediche) sembra raffigurarne l'essenziale impalcatura, in diretta correlazione con quel cantiere industriale sorvolato più volte da placide carrellate durante il suo incessante processo di fabbricazione, ed esalante fumi venefici dai quali l'uomo pare ora voler depurarsi, simbolicamente, attraverso l'acqua (ingestione, immersione). Da qui, l'istinto d'ancoraggio a ciò che rimane della propria vita, e il tentativo di controbattere a un declino ineluttabile è dipinto*, magnificamente, in quel commovente abbraccio con il neonato addormentato nella vasca da bagno.
In egual misura, è il cibo invece a divenire un ossessivo mezzo di compensazione al malessere psicologico della donna, la cui fragile condizione emotiva è risentita oltremodo nei continui pianti del figlio, che in definitiva rappresentano l'unico strumento verbale di comunicazione tra le angustie pareti di quel microcosmo, dove alcun'altra parola è scandita. Poichè il resto dei rumori proviene esclusivamente da elementi estranei atti ad innescare un processo motorio destabilizzante, in crescente ascesa, che si ripercuote sia all'interno (la monotonia di azioni ripetute quotidianamente, come la ritmica preparazione culinaria, la stessa ingestione del cibo o l'assillante meccanicità dei macchinari in funzione) che all'esterno dell'ambiente, fino a culminare nell'ipnotico cigolìo di quell'altalena che al centro del film finisce per omogeneizzarsi, mutando in un vortice acustico/visivo impressionante: una vertiginosa carrellata circolare attorno alla madre con il bambino in carrozzina, nel parco, mentre il suono cresce d'intensità. Tale sequenza sembra far collassare anche gli ultimi possibili appigli per emergere, almeno in parte, da quella condizione interiore d'instabilità, portando così il soggetto ad estraniarsi dal contesto che lo circonda (attraverso un costante utilizzo del fuori-fuoco e, come in The Sun, da un'asimmetria dell'inquadratura che ne comporta la parziale esclusione dal campo visivo). Quasi sempre sfocato e stretto nei dettagli, frammentato o relegato ai margini dello schermo, esso viene quindi ritratto come una sorta di presenza evanescente; anche durante la breve evasione notturna della donna, confusa tra la folla che assiste ad una corsa motociclistica, la camera preferisce disorientare lo spettatore focalizzandosi su volti e soggetti estranei, instaurando altresì fallaci segnali su eventuali svolte tramistiche. Ma in definitiva, non ci sono risposte concrete nello svelare un effettivo affrancamento dalla condizione che opprime la donna, se non intuizioni, che forse è possibile cogliere solo in quel pervenuto gesto di ripudio di fronte all'ennesima tavola imbandita di alimenti. In quegli spaghetti che gradualmente si riversano a terra, e che osserviamo attoniti nel loro (ancora una volta, fondamentale) movimento serpeggiante, come fossero metaforicamente parte di un microrganismo al suo stadio terminale; un parassita, appunto, finalmente estirpato.

* La principale attività di Wilhelm Sasnal è la pittura, oltre ad essere disegnatore e autore di fumetti. Arte che traspone in maniera pratica nel cinema. "I suoi quadri sono spesso elaborazioni di fotografie che realizza lui stesso o sceglie online"  - pardolive






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